A distanza di tre anni dai buoni riscontri del suo primo film Il vento, di sera, Andrea Adriatico ha diretto All’amore assente, un film che conferma uno stile di regia ben preciso, alle prese stavolta con una struttura più complessa e sfaccettata. La vicenda è decisamente curiosa.
Un investigatore privato (Massimo Poggio), assoldato da un cliente anonimo, arriva in città per capire che fine abbia fatto Andres Carrera, scomparso nel nulla. Questi, argentino d’origine, lavorava in un’agenzia diretta dalla moglie Iris (Francesca d’Aloja), facendo il ghost writer per personaggi politici, tra cui Massimo Arati (Filippo Plancher), impegnato serratamente in campagna elettorale.
Il detective si dà subito da fare. Innanzitutto, riesce a entrare a casa di Andres e vi si insedia, potendo dunque rovistare tra le sue cose: libri, appunti, dischi, fotografie e computer. Poi si fa assumere nella stessa agenzia, dove conosce Edoardo (Maurizio Patella), un altro impiegato, il quale gli rivela che Andres e Iris si sono separati da poco, nonostante lei sia incinta. Infine, trova il modo di conoscere gli anziani genitori Magda (Milena Vukotic), molto ammalata, e il padre (Tonino Valerii), il quale è convinto che il figlio sia sparito perché rapito dagli ufo.
Insomma, l’investigatore sembra quasi appropriarsi della vita di Andres, col quale peraltro qualcuno lo confonde anche sul piano fisico. In agenzia, Iris incarica lui di scrivere i discorsi di Andres, anche perché il suo stile stranamente non è molto dissimile. Insospettito da una serie di cose, Edoardo scopre come egli abiti ormai nella casa di Andres e lo costringe a rivelargli la sua vera identità. I due però si attraggono e passano la notte insieme. Il detective infittisce poi i rapporti con Iris (che ha una relazione col politico Arati), ma da lei non ha informazioni importanti. Qualcosa di più lo capisce a casa dei genitori, complice un libro di poesie di Walt Whitman: si accorge infatti che i testi politici di Andres altro non sono che versi del grande poeta americano. Il detective viene poi misteriosamente sollevato dall’incarico. La scena di un comizio di Massimo Arati, che già aveva aperto il film, risolve finalmente il rebus allo spettatore…
Presentato con successo al London Film Festival, il film è stato scritto da Adriatico, da Stefano Casi e dallo scrittore gay Marco Mancassola, al cui libro Il mondo senza di me si è ispirato.
E’ un film particolare, un thriller, arricchito però da forti componenti psicologiche. Come nel precedente film, anche stavolta il punto di partenza di Adriatico è la politica: lì l’assassinio di Marco Biagi, qui i comizi di un giovane politico rampante. E anche stavolta non manca un giudizio deciso nei confronti di una classe politica aggressiva e vuota, che si affida al potere di seduzione della parola e ad un’immagine pubblica positiva costruita a tavolino ma che in realtà è distante dai bisogni della gente.
Ma il vero perno del film è la storia di un uomo che non ha più un concreto rapporto con la realtà, non si riconosce più nelle cose che fa e prova un forte disagio nei confronti di un mondo nel quale si rende conto di non essere poi indispensabile. Per definire questo senso di straniamento, Adriatico ha ambientato il film in una città immateriale (Tresigallo, nel ferrarese, nata negli anni Trenta in stile razionalista), sferzata da una pioggia battente che sembra quasi alludere, sono parole sue, ad un bisogno di pulizia.
C’è dunque un’atmosfera astratta e quasi onirica, piena di ambiguità, in cui le cose non sono mai come appaiono e le identità sono slittanti e fluide. A cominciare dall’investigatore, che sembra proprio una proiezione mentale di Andres, il quale si è accorto che la sua vita è fumosa come i suoi discorsi ed è schiacciato da tanti problemi: la moglie incinta, la mamma ammalata, il padre mentalmente confuso nonché la consapevolezza di provare qualcosa di nuovo dentro di sé: l’attrazione per un uomo. Una lettura, questa, che chiama in causa uno dei temi fondamentali della nostra cultura moderna: il doppio (più evidente forse nel titolo inglese del film: Andres and Me).
Qualche spettatore, ne sono certo, troverà inappagante la soluzione (e forse non avrà torto), ma difficilmente rimarrà insensibile a questa storia intrigante e densa di domande esistenziali. Lo spettatore gay, poi, apprezzerà sicuramente la relazione tra il protagonista ed Edoardo, presentata con straordinaria naturalezza.
Nel cast spiccano i camei di Corso Salani e di Eva Robin’s, nei panni di una taxista amante dei piercing. Curiosa poi la presenza di Tonino Valerii, celebrato regista di altri tempi (ricordo La ragazza di nome Giulio).